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Quando una azienda importante abbandona i propri canali social
Quanto è importante la presenza sui social network per una banca? (o per una grande azienda)
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2 anni fail


Circa due anni fa, in questo periodo, arrivava la notizia dell’abbandono dei propri canali social da parte di uno dei più importanti istituti di credito italiani. Nel comunicato ufficiale, Unicredit diceva di voler “Valorizzare i canali digitali proprietari per garantire un dialogo riservato e di alta qualità“.
A seguito di questo annuncio, proprio sui social network, si moltiplicarono post e commenti, con una divisione netta tra chi si dichiarava d’accordo e chi invece stigmatizza la decisione della banca.
Canali social vs. canali proprietari
La mossa di Unicredit è abbastanza isolata nel panorama delle corporation italiane, e potrebbe sembrare in totale controtendenza, o addirittura rischiosa. Proviamo allora a sviscerare alcune considerazioni in merito a questa decisione.
I social network per una banca
Un primo elemento da tenere in considerazione è il fatto che per un importante istituto di credito come Unicredit, i social network non rivestono in prima battuta un canale pubblicitario con cui trovare nuovi clienti. Non ha bisogno di essere presente su un social, tutti sappiamo che Unicredit esiste, cosa fa, qual è il suo business.
Per una azienda di questo tipo e di questa dimensione, i canali social dovrebbero essere, prima di tutto, il principale canale di “customer care”, un modo privilegiato per dialogare con i propri clienti.
Questo richiede, però, grandi risorse, manager che credano in questo canale e che mettano in campo tutto quello che serve per renderlo efficace: in primis la formazione del personale addetto alla gestione di questi canali, poi la definizione di strategie di comunicazione, e solo alla fine gli strumenti.
Abbiamo parlato della formazione del personale: deve essere in grado di gestire la presenza dell’azienda come se fosse ad uno sportello pubblico, quindi capacità di empatia e autocontrollo molto forte. Senza contare che su una pagina fan chiunque può scrivere quello che vuole, e la gestione di queste situazioni rischia di diventare un boomerang per la banca in termini di immagine. In assenza di questo tipo di investimenti la presenza sui social network rischia di diventare un buco nell’acqua, se non addirittura controproducente.
Social e app
Sappiamo tutti quanti molto bene che per la maggior parte delle persone internet, il web, coincide in modo preciso con le app installate sul proprio smartphone. Ed è li che vogliono trovare quello che cercano, è li che vivono la loro esperienza digitale.
Unicredit, da questo punto di vista, per esperienza diretta, è sempre stata molto ben attrezzata con un ottimo canale proprietario. Il sito web e l’app funzionano molto bene, sono sempre aggiornati, e consentono in modo rapido e semplice, di usufruire di tutte le funzionalità di cui si può aver bisogno.
Dalla app si può telefonare direttamente al numero che corrisponde al servizio per il quale si ha necessità di risolvere un problema. Oppure si può accedere ad una area FAQ (domande frequenti) molto ben strutturata e ricca di informazioni. Ed è proprio qui che potrebbe nascere un problema, legato non alle tecnologie, ma alle abitudini di noi esseri umani: il canale social può assolve ad un compito che l’area FAQ di qualsiasi sito non potrà mai gestire, la pigrizia delle persone che preferiscono andare su un social, scrivere la propria domanda ed attendere la risposta, piuttosto che spendere 2 minuti per cercare autonomamente la risposta all’interno delle FAQ.
Una statistica del 2017 ci racconta di una situazione in cui “circa il 63% dei consumer si aspetta che i brand offrano supporto attraverso i social, e il 34,5% preferisce proprio i social network come canale per il customer service”.
Possiamo ragionevolmente pensare che quel 63%, in questi quattro anni, sia ancora cresciuto.
Non ci è dato sapere quante persone interagiscano con la propria banca tramite canali social, e quanto da questo riescano a trarne un reale vantaggio non ottenibile tramite il sito o l’app. E questo ci riporta ad un altro elemento di riflessione: ogni informazione inserita su un social network diventa pubblica per sempre, con grandi riflessi sulla privacy, cosa che viene azzerata con i canali proprietari della banca che ha già i nostri dati.
La decisione di Unicredit potrebbe quindi essere legata a questi due aspetti: fatica e diseconomicità nel gestire la presenza social, che, grazie alla forza dei propri canali proprietari, diventano inutili o quasi.
In alternativa, molto banalmente, potrebbe trattarsi si una valutazione strategica basata su numeri di engagement che noi non possiamo conoscere, e che potrebbero aver reso evidente al management che la permanenza sui canali social era ormai inutile.
Quale lezione si può trarre?
Da un punto di vista strategico, parlando di comunicazione con i clienti già acquisiti, il social non può che essere uno strumento che si affianca ai canali proprietari (sito, app, ecc..). Quindi può essere utile, ma sicuramente non indispensabile ne, tanto meno, prioritario (anche se su questo si potrebbero fare dei distinguo in base al settore merceologico di appartenenza dell’azienda).
Parlando invece di comunicazione che mira ad intercettare possibili nuovi clienti, i canali proprietari potrebbero essere in alcuni casi meno importanti rispetto a quelli “abitati” da chi non è ancora cliente.
Questo è vero innanzitutto per piccoli brand non ancora conosciuti. Non se parliamo di Unicredit, un brand molto forte che può intercettare clienti in molti modi, disponendo oltretutto di budget ingenti.
È probabile quindi che la decisione di Unicredit non abbia portato grosse differenze per il business della banca stessa.
La domanda più importante: e se i social sparissero?
Ma cosa succederebbe se si trattasse di un piccolo brand?
Si potrebbe affiancare a questa, una seconda domanda: cosa succederebbe al tuo brand se domani Facebook, Instagram, Twitter, ecc.. sparissero? E non stiamo facendo ipotesi campate in aria: basta guardare a quello che è successo a Google+, completamente chiuso, ma anche ad altri, come mySpace o ClubHouse, praticamente cadaverici.
Questo potrebbe succedere a qualunque dei social che oggi vanno per la maggiore (così come un tempo mySpace era l’unico, o quasi, strumento di social community).
Dove andrebbero a finire tutti gli investimenti fatti sulle tue pagine social? Che fine farebbe la strategia di comunicazione se fosse basata solo su questi canali?
Sicuramente non c’è una risposta univoca, ed ogni caso è un caso a se stante. Per questo è importante vagliare continuamente il panorama che ci circonda ed adattare le strategie di comunicazione, tenendo sempre in primo piano gli obiettivi che si vogliono raggiungere attraverso i canali digitali, lasciando che social, sito, app, ecc… rimangano in secondo piano, perché hanno solo il rango di strumenti che ci consentono di raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti.
Hai già affrontato il tema della scelta del giusto canale social da presidiare per la tua azienda, associazione, gruppo, ecc…? Sei giunto ad una conclusione soddisfacente? Perché non la condividi con noi, a beneficio di chi ci sta ancora pensando?
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